Chi?

Thursday, July 23, 2009

The Britpop trilogy - part 2



Il problema della british invasion è che dopo non segue mai l’occupation. Cioè quelli dovevano restare qua, mettere la Rai in protettorato e mandare alle Falkland tutta Radio Italia. Ma ti rendi conto, nell’81 parte Mister Fantasy, con Massarini vestito di bianco, più rassicurante del maestro unico, che apre la porta alle corrazzate di Adam & the Ants, Tubeway Army, Human League, un tripudio di ombretto e sintetizzatori, e da noi che si genera? Le cassettine Mixage con il singolone dei Ricchi e Poveri, che quasi ci tocca commuoverci a risentire i Righeira. La, languidi bri, bababababaciami, non so se mi spiego. Ci danno pure un’altra chance, c’è Videomusic, Suoni e Ultrasuoni su Raistereo2, i timpani italici si scrostano al suono british, e i nostri che pensano? Aò fichi ‘sti Oessis, píia ‘mpo’ quer tipo checce canta spiccicato cor nome uppo’ esotico checce fà er botto. Due sottaceti et voilà, Daniele Groff è servito in tavola, tanto Ramazzotti* vince il Festivalbar finché Salvetti non crepa di gotta. Che poi chissà che pensavano gli artisti quando sbarcavano al Roxy Bar dove Red Ronnie col cervello nel lambrusco li obbligava a duettare con Jovanotti. Noi, l’esterofilia a tastoni, nella gabbia dell’infinita provincia. Di là si sfornano mode, la Vivanne Westwoood, i punk, i new romantic, qua béccati i paninari, cosí anche la mamma in fondo è contenta perché si sa, le Timberland son scarpe che durano. Di là risorge il piercing, l’EBM, il trip-hop, per noi 883 e l’ermeneutica del flipper. Siano lodate le low-cost.

Sound: come fosse ieri. L’incedere epico, il falsetto di Tim Booth, il battesimo nell’acqua, i fiati santo cielo i fiati! Rimasi in trance davanti allo schermo, maledicendo poi Videomusic che si dimenticava di sottotitolare i pezzi. E provate voi a cantarla al negoziante, sai quella che fa Mavauuuuuuuh. Quante sòle mi ha rifilato prima di scovare quell’album magnifico. Che dico, ma-gni-fi-co.
A posto? A postissimo.
Gente comune: l’Enciclopedia Britannica non basterebbe per decifrare la formula alchemica di humour, cinismo e sociopatia che fanno di questa canzone, questo album, questo gruppo la summa della bla bla bla - ballatela gente, ballatela e basta.
Saint Etienne: che cosa? Mojo pubblica uno speciale sul britpop e non mi consulta per scegliere quale pezzo dei Saint Etienne è il più meraviglioso tra i meravigliosi? Io che ho tutti gli album le edizioni limitate le raccolte giapponesi? Io che volevo sposare Sarah Cracknell? Io che impazzivo per iscrivermi al fan club? Che bisognava mandar loro 3 sterline e un francobollo con la Regina, roba rara in Valpadana, ma loro che stile eh. E comunque ho deciso, sui Saint Etienne devo aprire almeno tre blog di approfondimento. Mandatemi 3 sterline in busta chiusa, now.
Ciarlatani, gruppo tutto di un pezzo. Mai uno sputtanamento, una collaborazione sbagliata, una sbavatura estetica, questi sono gli integralisti del britpop. Santi subito.
Paul Weller, lui, l’icona di ritorno, il musicista rigoroso, l’uomo senza fronzoli, l’autorità virile, la guida venerata. Finiti i Jam troppo presto, gli Style Council troppo tardi, si ritrova una schiera di adepti schitarranti che lo riportano in processione. La pettinatura però potevano anche lasciargliela a casa.

* Ramazzotti è un virus diffuso dalle pizzerie in modo endemico tipo i conigli in Australia solo che non gli si può sparare.


No comments: