Chi?

Wednesday, October 21, 2009

Rue Haute Trahison






D’ogni tanto qualche pecorella lascia il pascolo brussellese per un naufragio parigino. Pare che vabbé, tipo un Milano-Bologna, distanza sostenibile. ER-RO-RE! (va letto con l’erre uvulare) (ho poca padronanza dei frenuli).
Perché un Thalys solo andata non è affatto neutra locomozione, è apostasia consapevole. Bruxelles e Parigi sono nemetiche al punto che se piazzassimo tutti i parigini a Bruxelles e tutti i brussellesi a Parigi, improvvisamente al loro posto apparirebbero due crateri fumanti. Parigi fa del sussiego un’arte, e sia chiaro, la mia è tutta invidia che a París non ci ho mai vissuto. Ma ci ho bazzicato, chessó il 14 Juillet quando la nazione concentra lí e lí dispiega il fasto imperiale pirotecnico a gloria della République mentre JeSuisCatherine Deveneuve taglia nastri di raso tricolore. I belgi invece, che il re ce l’hanno per davvero, anche se di raccatto, una settimana più tardi fanno sfilare un po’ di motociclisti, friggono due patatine e piazzano un dj fracassone in qualche sito storico dove gli sballati si accoppiano con le gargolle facendo il dito medio alle convezioni dell’Unesco.

Ricordi parisiens

Mamma, se ti dico ‘Amazon’? ...? Perfetto, allora vado a Parigi a far la tesi. Far la tesi, lo sanno tutti, vuol dire mandare su e giù il montacarichi della bibliothèque Saint Geneviève e squattare il loft dell’amica vegana. Vuol dire anche ingolfarle il lavandino causa imprevisto ehm notturno. Lei, fata subdola, mobilita le sirene della suggestione e cosí mi risveglio al suono trombettoso di Ce matin-là mentre il sole ravviva il parquet. Effetto nouvelle vague.

Oppure pronto Gaudionza, allora mi ospiti al Marais, stasera euforia, portami in festa, ma senti c’è sto Johann, boh non ricordo, però ha gli occhi blu e dice chiamatemi. Noi chiamiamolo e incontriamolo.
Johann fa qualcosa con le tele e la vernice che non chiamerei pittura e da tre giorni si nutre solo di anfetamine. Balbetta vi porto a Belleville, io penso figata! fa tanto Pennac, la Gaudionza invece deglutisce, che vuol dire mi priveranno degli organi interni per farne kebab.
Allora si va per Belleville che fa tanto Pennac in una taverna dove tutti suonano i bonghi, poi in una casa occupata a sentire una fanfara macedone, per finire all’alba in una sala da thé con quartetto d’archi dove manipoli di punkabbestia ballano il valzer. La Gaudionza non mi ha più chiamato. Io son caduto dentro una canzone di Sheller.

La morale

La morale è che tra te e Parigi vincerà sempre Parigi, allora è meglio fare le valige prima di ritrovarsi a leggere les Inrocks e ascoltare i dischi di Charlotte Gainsbourg senza vergognarsene. Bruxelles, invece, siamo noi.



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