Chi?

Tuesday, September 21, 2004

Vieni da me che ti cucino


- Siiiiii pronto? Quando? Oggi? Subito? Sul tavolo della cucina?
Non so spiegarmi il motivo, o forse è perché ho ascoltato troppo britpop, ma ho la netta sensazione di essere - mio malgrado - la calamita umana per gli ormoni delle inglesi espatriate. Per esempio Rachele, basta che io la saluti e quella si tosta il pane tra le cosce. E vieni a casa mia, e bevi un altro po', e cantami una canzone, e mettiti la frutta in testa, tutto conferma l'equivoco di base, e cioè che la girl più che un italiano vuole portarsi a letto un quadro del Caravaggio.
- Oh wonderful, alloua ci aspecciou, mi fa Rachele con il suo entusiastico italiano, assemblato in Veneto e corroso in Sicilia.
Mi lascio adagiare in un letto di lattuga, mentre la tory da combattimento incalza - non cuedi che John Major è sciacio molcio socciovaluciacio?
- The closest thing to heaven is to rock'n'roll, faccio io, ma non è che possa sostenere un'intera conversazione a suon di canzoni del cuore, soprattutto se Rachele comincia ad accarezzarmi gli avambracci con prosciutto affumicato.
- Lou sapevi che la Thatcher eua fillia gi un giuoghieue? Sì che lo sapevo, e pure che la regina Vittoria copriva le gambe dei tavoli, però non con spatolate di salsa tartara come sta facendo Rachele sui miei polpacci. E cerco di dissuaderla nel mio stentato inglese, ma i vocaboli piovigginano nella conversazione approssimando grammatica e sintassi, come acqua frizzata per l'uomo all'incirca. Finché due rapanelli nelle orecchie mi catapultano in un film muto, impotente spettatore di Rachele che fruga nel cesto di vimini. Aspetta un momento, avevamo detto niente sedani!


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