Chi?

Monday, October 10, 2011

It felt like the world would freeze

È difficile spiegare Strasburgo a chi non ci è mai stato. Un sussiego nordico ammorbidito dagli interni caldi e carichi di legno delle brasserie alsaziane. Pioggia fina e rari passanti questa sera per le stradine pittoresche della Petite France, e quella cattedrale che pare piombata dal cielo, come il monolite di Kubrik, ad incastrarsi maestosamente nel selciato. Seguendo l'argine Kleber ripenso a quando Strasburgo era un rituale mensile, tollerabile dazio da pagare all'ascesa professionale che si incideva con inchiostro lucido sul mio curriculum e sulle mie scarpe di cuoio. Non ci tornavo da quasi un decennio, da quando il mio nome era affisso sulla porta di due uffici nei corridoi europei, i primi stipendi piovevano euforici e l'avvenire mi sfarfallava nel petto. Allora ignoravo che la vita si attorciglia agli imprevisti. Cammini con slancio, t'inginocchi un attimo a sciogliere le stringhe ed appena ti rialzi ti ritrovi adulto senza il preavviso necessario, circondato da toponimi germanici, a constatare la disfatta privata del pensiero razionalista.

Perché no che non sono superstizioso io, ma ho vacillato, qualche giorno fa, quando tra i biglietti da visita che riordinavo al ritorno dall'India è comparsa la fototessera in bianco e nero di un'anziana cadaverica. E cazzo se era spettrale, pareva il volto di tutte le tragedie. Così venerdì, anziché bruciare la foto come avrei dovuto con un cero benedetto recitando preghiere latine, l'ho gettata nel sacco degli indifferenziati, che io mi voglio civile e ragionevole. Neanche un'ora dopo si verifica lo spiacevole incoveniente dell'essemmesse partito per errore a compromettere la mia carriera. Due ore dopo sono ad agitare le mie Converse a pois sotto una cassa del Botanique che mi spacca il timpano sinistro.

Nei corridoi dell'ospedale, con un dito nell'orecchio, cerco di pensare a cosa mi abbia distratto nel momento in cui la vita lasciava il cammino delle cene in completo nei ristoranti alsaziani che accettano l'American Express, e prendeva invece il sentiero sconnesso delle brasserie belghe, delle colocazioni, delle bici di seconda mano e delle candidature senza risposta.

Dieci anni dopo li rivedi ancora i ristoranti alsaziani, i palazzi di vetro ed i tassisti tedeschi. Mi accendo una Marlboro indiana davanti alle vetrine dell'argine Finkmatt, dove ammiro una scacchiera in pietra che regalerei a mio padre se non avesse uno zero di troppo.

Accelero il passo, la sigaretta è umida, l'orecchio continua a fischiare.

5 comments:

Andre said...

Bravo Belgu, che bel post. Dai l'idea di essere un cervellone con un curriculum lungo lungo, ma se capito a Bruxelles col mio amico Bruxelliano ti chiamo e andiamo insieme a saltare con le converse, solamente lontano dall'impianto acustico.

andima said...

bel post, un Belgugliemo diverso, introspettivo (e questa volta non c'e' stata la risata finale sulle label)

Playmobil said...

Aspè, pronto soccorso? è successo davvero?

Play

dancerjude said...

mi chiedo sempre ogni volta che leggo un post di Belguglielmo come mai un italiano che scrive così bene non viva in Italia... poi ci penso e trovo la risposta...

Belguglielmo said...

Andi, grazie ma era un hacker, ora ho ripreso il controllo.
Andre, ho un curriculum che cresce a vista d'occhio. Quando vieni a Bruxelles te lo faccio vedere...
Play, tutto vero, chiedi in giro.
Dancer, (grazie), sono emigrato per passione. Il mio hobby è correggere i menù delle pizzerie all'estero.